Quella volta che i monaci tibetani mi fecero bere latte con il sale
Quando aspettavo una bevanda celestiale… e mi arrivò un sorso d’Himalaya 🧂🥴
Latte con il sale!
Chi non ha mai sbagliato barattolo confondendo il sale con lo zucchero? Il risultato è sempre tragicomico: prendi un bel sorso pensando di gustarti un momento di dolcezza… e invece ti ritrovi con la faccia stravolta a correre verso il lavandino 🚰 con la bocca piena di rimpianti. Una scena da commedia, certo. Ma quello che mi è successo una volta con dei monaci tibetani ha superato di gran lunga ogni disavventura culinaria casalinga…
Un giovane in cerca di risposte ✈️🕉️
Ero partito con il cuore aperto… e senza sapere cosa mi avrebbe aspettato al primo sorso
Era l’estate del 2005 — strano a dirsi, ma sono già passati vent’anni.
Avevo 29 anni e un’irrefrenabile sete di spiritualità. Così mi ritrovai in India, nella magica terra del Kerala, ospite di un piccolo monastero chiamato Serhaji, poco distante da Bangalore.
Ero partito con tante domande, il cuore aperto e una valigia piena di speranze 🧳✨
Tra incenso e preghiere… restavo me stesso 🙏✨
La sete di conoscenza non cancellava la mia fede, la ampliava
Questo desiderio di colmare la mente con la saggezza mi predisponeva ad accogliere con entusiasmo le nuove esperienze legate alla tradizione buddista tibetana.
Ero curioso, pronto a lasciarmi guidare in quei rituali antichi, a osservare, imparare, anche a partecipare.
Ma sempre senza mai rinnegare la mia fede cristiana, che continuava a vivere in me come una luce interiore. 🔥⛪
Un rito di purificazione tra i colori del silenzio 🕯️🧘♂️
La spiritualità si faceva spazio tra le vesti bordeaux e l’incenso che danzava nell’aria
Ospiti in questo meraviglioso monastero, circondati dal silenzio e dal rosso bordeaux delle vesti dei monaci, iniziammo un rito di purificazione. Era un momento solenne e raccolto, pensato per prepararci interiormente a un evento speciale: la Puja tibetana che avevamo richiesto per i nostri cari defunti. 🕊️
✨ Cos’è la Puja tibetana?
La Puja è una cerimonia sacra della tradizione buddista tibetana, eseguita per portare pace, purificazione e benedizione. Può essere dedicata a se stessi, ad altri viventi o, come nel nostro caso, a persone defunte, per accompagnarne l’anima nel viaggio spirituale. I monaci recitano mantra, suonano strumenti rituali e bruciano incensi in un’atmosfera carica di sacralità.
Fu un momento intenso, profondo, che già da solo sarebbe bastato a riempire il cuore… ma il meglio — o il peggio, dipende dai punti di vista — doveva ancora arrivare. 😅
Il mistero del latte… con sorpresa 🥛🧂😳
Un gesto rituale per noi ospiti, che i monaci si sono ben guardati dal condividere!
La tradizione tibetana prevedeva, per chi partecipava ai rituali senza essere monaco, l’offerta di una bevanda speciale: latte salato.
Sottolineo solo per i partecipanti laici. Nessuno dei monaci — saggiamente — ne bevve neppure una goccia! 😌
All’inizio nessuno poteva davvero immaginare a cosa stesse andando incontro.
Quando ci porsero la tazza, pensavamo fosse una sorta di latte speziato, magari profumato… e invece no.
Era salato.
Ma non salato tipo “ups, ho esagerato col cucchiaino” — no.
Era salato come l’acqua del Mar Morto, anzi peggio. Una roba che ti si stampa sulle papille gustative e ti lascia lì, interdetto, tra lo spirituale e lo svenimento. 🫠🥴
Il ciclo infinito del latte salato 😵🔁🥛
Più bevevo… più me ne versavano. E sempre con quel sorriso disarmante!
Il vero problema, però, non fu tanto il sapore terribile.
Fu il fatto che — forse per educazione, forse per sopravvivenza spirituale — ogni volta che mi veniva offerto, cercavo di superare lo shock e ingoiare tutto d’un fiato.
Pensavo: “Finisco il bicchiere, stringo i denti… e basta così.”
E invece no.
Appena posavo il bicchiere vuoto, come in un loop karmico senza fine, il monaco incaricato a questa — diciamolo — dolce condanna, me lo riempiva di nuovo. Sempre con un sorriso gentile e sereno, come se mi stesse offrendo il nettare degli dei. 😇
Io, dal canto mio, non osavo chiedere quanti bicchieri fossero previsti, né volevo mancare di rispetto. Così continuavo…
Uno dopo l’altro…
…verso l’illuminazione o l’intossicazione da sodio. 😅
🧘♂️ Curiosità: perché il latte salato?
Nella tradizione tibetana, offrire latte salato agli ospiti è un gesto di ospitalità e rispetto. Si tratta di una variante del più noto té al burro di yak (chiamato po cha), una bevanda molto diffusa in Tibet, preparata con té nero, burro e sale.
Il sapore, per chi non è abituato, può risultare scioccante, ma ha una funzione importante: nutriente, riscaldante e simbolicamente purificante, viene offerto soprattutto durante i rituali o le cerimonie spirituali.
Per i tibetani è un gesto sacro, per noi… un’esperienza da raccontare! 😅
Effetti collaterali (o forse miracoli?) 🤒🔄✨
Quando il corpo cede… ma lo spirito si risveglia
Il giorno dopo, non saprei dire se fu colpa del latte salato o della potenza della Puja, ma stetti male tutto il dì. Una specie di purificazione forzata, diciamo così… 🤢🌀
Mi sentivo svuotato, febbricitante, come se il mio corpo stesse reagendo a qualcosa di troppo grande da contenere.
Eppure, proprio quando pensavo di aver toccato il fondo, l’indomani mi svegliai con una leggerezza nuova.
Il malessere era sparito, la mente limpida, il cuore in pace.
Come se quel sorso di sale sacro avesse spazzato via qualcosa di vecchio, per fare spazio al nuovo. 🌅
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